
US OPEN. É UFFICIALE, IL TETTO DELL’ARTHUR ASHE PRONTO PER IL 29 AGOSTO
Tennis – A New York la pioggia non è mai stata più desiderata. Gli Us Open, si sa, sono uno Slam in cui il caldo e il sole la fanno da padroni. Ma per l’edizione 2016 gli organizzatori sono già pronti per fare la più classica delle danze della pioggia.
Già durante gli Us Open 2015 le condizioni meteo sono state al centro dell’attenzione. L’obiettivo era quello di raccogliere dati e informazioni sul clima per creare una sorta di modello di riferimento da utilizzare per capire quali siano le condizioni di utilizzo della nuovo tetto retrattile dell’Arthur Ashe. “Vorrei aver avuto più tempo. Anzi vorrei aver avuto condizioni meteo peggiori”, dice Gordon Smith, direttore esecutivo della Usta.
I lavori, però, proseguiti comunque. Durante l’edizione 2015 lo stadio più capiente del mondo era apparso sotto una nuova veste, con un imponente scheletro di acciaio, base necessaria su cui istallare il tetto. Qualche giorno fa i funzionari della Usta hanno voluto fare il punto sui lavori di costruzione del tetto. C’è una data-obiettivo, il 29 agosto. Per quel giorno la struttura sarà completa.
Dunque dopo Wimbledon e gli Australian Open e dopo l’annuncio di un progetto di copertura per gli stadi del Roland Garros dato dagli organizzatori dello slam francese, anche gli Us Open avranno un impianto all’avanguardia. Più volte australiani e inglesi sono stati interpellati per fornire consigli di costruzione e utilizzo del tetto dell’Arthur Ashe. Non a caso, non si è ancora deciso se utilizzare la copertura dell’impianto di Flushing Meadows solo in caso di pioggia, come fanno a Wimbledon, o anche in caso di caldo estremo, come si è soliti fare a Melbourne.
“Sicuramente – dice ancora Gordon Smith – ci sarà un team di meteorologi in grado di prevedere la pioggia con un anticipo di 20-30 minuti. Ma ciò che non vorrei si verificasse per nessun motivo è una tendenza a chiudere il tetto anche quando le probabilità di precipitazioni non sono alte”. Dunque l’idea è quella di usare la nuova struttura in maniera molto razionale razionale: “Vogliamo che questo sia un torneo all’aperto. E il tetto deve restare aperto in maniera tale da offrire condizioni di gioco più omogenee possibile ai tennisti e alle tenniste”.
“Se il campo si bagna prima della chiusura del tetto ogni partita finirà con 30 minuti di ritardo – dice Danny Zausner, chief operating officer della Usta – mentre, se riusciamo a prevedere la pioggia, si perderanno soltanto 10/15 minuti”.
Un altro obiettivo dell’ambizioso progetto di restying di Flushing Meadows è quello di generare più zone d’ombra per rendere il torneo più vivibile per giocatori e spettatori. La copertura dell’Arthur Ashe è stata concepita in questo senso e allo stesso modo sono state progettate le nuove tribune e piantati gli alberi che costeggiano i viali di tutto il parco di Flushing Meadows.
E non è finita qui. Perché il progetto di ristrutturazione coinvolge anche il Grandstand e il Louis Armstron. Il primo impianto, il terzo per capienza degli Us Open resterà inutilizzato durante l’edizione 2016 dello Slam newyorkese per poi essere demolito e ricostruito con una capienza maggiore. Il Louis Armstrong avrà uguale sorte, nel 2018 vedrà nuova luce passando dai 10mila attuali posti a sedere a 14mila e anch’esso avrà un tetto retrattile, ma un impianto di controllo della temperatura meno tecnologico di quello del suo fratello maggiore, l’Arthur Ashe. Nel 2017, per sopperire alla sua mancanza, sarà messo in piedi un impianto smontabile da 8500 posti nella zona adiacente al parcheggio del Grandstand. Insomma, le risorse investite, circa 500 milioni di dollari, sono già allocate e prevedono anche la risistemazione di dieci campi secondari, l’allargamento dei viali pedonali e la costruzione di una nuovissima area ristoro, immancabile per i golosissimi americani. Lo Slam a stelle e strisce, negli ultimi anni, è stato in un certo senso messo in ombra dai grandi lavori portati a termine a Wimbledon e a Melbourne. Ma resta il torneo più ricco dal punto di vista dei montepremi e anche del pubblico. E nei prossimi anni potrebbe tornare a indossare un abito proporzionato al suo immenso prestigio.
Foto: I lavori di costruzione della copertura dell’Arthur Ashe Stadium (www.nytimes.com)
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