
ADDIO TERRA ROSSA?
Roma – La terra battuta potrebbe scomparire. No, non ovunque, ma nei tornei latino-americani che si stanno giocano in questo periodo. Sono pochi i giocatori che a febbraio, dopo il primo Slam dell’anno e prima degli importanti Masters 1000 americani, decidono di giocare i tornei latini sulla terra. Lo stile di gioco dei tennisti è sempre più orientato al cemento, il numero dei top che scelgono di partecipare a questi eventi sono sempre più limitati.
Per risolvere questo problema gli organizzatori stanno pensando di cambiare la superficie di gioco, passando dalla terra al sempre più utilizzato e amato cemento. La proposta – anche se attraente – porta con se un rischio certamente elevato. Cambiare significherebbe modificare la tradizione tennistica della regione, ferma restando l’incertezza di poter attrarre i giocatori più importanti. Infatti cambiare la superficie senza offrire un montepremi competitivo con gli Stati Uniti e con gli eventi europei potrebbe essere controproducente.
Il quotidiano spagnolo “Marca” ha sentito il parere di Guga Kuerten, uno dei più grandi specialisti della terra rossa del tempo recente. Il brasiliano, tre volte campione del Roland Garros, ha vinto tutti i quattro tornei latini su terra: Santiago, Costa do Sauipe, Buenos Aires e Viña del Mar. “Se fossi ancora nelle competizioni non mi piacerebbe che la superficie venisse modificata. Però se fossi un organizzatore la cambierei, per avere maggiori possibilità di portare in America Latina i top-10”. Guga preferisce non schierarsi: gli interessi dei giocatori (o almeno di alcuni) e degli organizzatori sono ovviamente molto diversi. E lui organizzatore non è, ma non è nemmeno più un giocatore del circuito.
Le riforme sono adesso in una fase di stallo congetturale, le due parti coinvolte nel consiglio Atp non hanno approvato ancora nessuna posizione. Da una parte gli organizzatori non avrebbero problemi a cambiare la superficie, dall’altra il Consiglio dei giocatori vorrebbe mantenere la terra rossa. “Il cambio dipende dalla decisione dei giocatori, che stanno cercando di difendere una superficie sempre meno ambita e sempre meno presente nel calendario. Dalla parte degli organizzatori non ci sono ostacoli” ha detto José Zurutuza, direttore del torneo di Acapulco.
Dopo aver sollevato la questione nelle precedenti stagioni senza raggiungere obiettivi specifici, quest’anno gli organizzatori dei quattro tornei latini si sono uniti per chiedere il cambiamento. Inoltre, sfruttando l’arrivo dei giocatori nei loro impianti nelle ultime settimane, hanno cercato di parlare con loro per trovare un accordo. Ai tennisti è stato spiegato che sarà sempre più difficile riuscire ad offrire un tennis spettacolare al pubblico continuando a giocare sulla terra.
Tuttavia a sentire il parere di alcuni giocatori, l’accordo non sembra vicino da raggiungere. Lo spagnolo Nicolas Almagro, vincitore nel 2011 del torneo di Buenos Aires e Costa do Sauipe, e che vanta nel palmares 9 titoli vinti in carriera tutti sulla terra rossa (cinque dei quali proprio in terre latinoamericane), si è mostrato nettamente contrario al cambiamento. “Non ho capito bene perché vogliono cambiare la superficie – ha detto lo spagnolo – I tornei latinoamericani sono sempre stati così e non mi sembra giusto cambiarli. Guardando il calendario si trovano moltissimi tornei sul cemento, sull’erba e indoor, e sempre meno sulla terra battuta”.
Nel mese di marzo, ci sarà un incontro tra i direttori dei tornei del tour latino-americano per discutere di varie questioni, compreso questo possibile cambio di superficie. I giocatori dovranno dare una risposta entro il mese di maggio. In ogni caso il direttore di Acapulco José Zurutuza ha avvertito che anche in caso di una risposta negativa da parte dei tennisti, il suo torneo cercherà, anche da solo, di adottare il cambio di superficie.
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