
E PIETRANGELI AMMONISCE: FABIO, QUI NON SI SCHERZA!
TENNIS – A Ginevra, Nicola Pietrangeli non è arrivato soltanto come ambasciatore del tennis italiano. Ha disfatto le valige, ha ricevuto gli auguri di buon compleanno (a proposito: a questo link trovate l’omaggio che ha voluto dedicargli Tennis.it) e si è messo a parlare dello stato di quel tennis italiano di cui, per l’appunto, è ambasciatore. L’occasione è propizia: è la vigilia di una semifinale di Coppa Davis attesa sedici anni. E la Coppa Davis, per il capitano della vittoria del 1976, è “semplicemente” qualcosa che rende grandiosa la vita.
Tennis.it: Certo che dev’essere un bel po’ pesante per lei, da fan di Federer, che poi è il protagonista più atteso di Svizzera-Italia. Idea: perché non mette una buona parola con Roger?
Nicola Pietrangeli: “C’è poco da essere fan di Federer… Credo proprio che non ci farà sconti. L’Italia ha poche possibilità; non facciamo percentuali ma quelle chance sono poche. Non voglio tirarla a nessuno, sono realista”.
Pure troppo…
“Io odio quelli che dicono: ‘La palla è rotonda, non si sa mai’. Occorre guardare la realtà dei fatti: un incontro Svizzera-Italia, qui, sul veloce, contro il terzo e il quarto del mondo…”.
Ok, ma che meraviglia quel quarto di finale contro la Gran Bretagna!
“Ma certamente. È già fantastico essere qui. I ragazzi sono stati bravissimi ad essere arrivati qui. Ora non abbiamo nulla da perdere, ma l’importante è comportarsi bene in campo. Perché quegli atteggiamenti isterici di Fognini, per esempio, non vanno mica bene. Ecco, qui non può permetterselo”.
E’ rimasto molto deluso nell’assistere a quelle scene?
“Fognini che gioca e rappresenta soltanto se stesso nei tornei è un conto. In Coppa Davis è un’altra cosa. Qui perdi e stai zitto, rappresenti il tuo Paese”.
La Davis per Nicola Pietrangeli.
“Io faccio sempre un esempio. Se Fognini batte Murray, che so, al torneo di Amsterdam, la notizia troverà spazio in una rubrica. Se lo fa in Coppa Davis, come successo, arrivano i titoloni. Qui hai gli occhi di una nazione intera addosso e cambia tutto. Devi sopportare questa pressione, devi essere capace di reggere questo peso. Giocano per se stessi, per il Paese e per una squadra”.
Solita domanda impossibile: cosa manca all’Italia?
“Ma noi abbiamo sempre avuto una buona squadra composta di buoni giocatori. Ci è sempre mancato il campione con la ‘C’ maiuscola, quello vero. La ‘C’ maiuscola non la conquisti però spaccando le racchette. Scene a parte, Fognini merita i primi 10. Ho sempre visto bene anche Bolelli, peccato sia stato un po’ sfortunato”.
Campioni con la “C” maiuscola mi viene in mente un certo Adriano Panatta. Non so se ha presente…
“Sì, vagamente…” (ride).
Sa comunque cosa c’è? In quanto a spirito, non vedo molta differenza tra la Coppa Davis di ieri e quella di oggi.
“Nemmeno io. Basta vedere la fine di un incontro. In caso di vittoria, vedi i top player saltare in campo come ragazzini. Apprezzano lo spirito di squadra. È un altro ambiente. Io credo che i compagni di nazionale nemmeno si incontrino durante i tornei. Qui, invece, è una settimana in cui stanno tutti insieme. Gli scherzi nello spogliatoio… ma quando li fanno mai? Altro ambiente, dai”.
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