
CAPPOTTO ANNUNCIATO
Mosca (Russia). E così, come ampiamente prevedibile, l’Italia di Fed Cup è uscita nettamente sconfitta dalla trasferta in terra russa. Era difficile credere, infatti, che il nostro team, privo delle sue due punte di diamante, Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, potesse davvero impensierire la super-potenza dell’est. Sara Errani e soprattutto Roberta Vinci, ci hanno provato fino alla fine, ma il divario tra le due formazioni è parso netto come testimonia un unico set vinto in cinque partite. Ma come è maturata questa battuta d’arresto? E cosa dice al tennis italiano?
Orfani del “tandem d’oro”. La sfida l’avevamo persa già nei giorni precedenti il match. I guai fisici di Flavia Pennetta che non hanno permesso alla brindisina di essere a Mosca, infatti, hanno rappresentato la proverbiale pioggia sul bagnato per la squadra azzurra dal momento che, solo qualche settimana prima, la nostra indiscussa numero uno, Francesca Schiavone, aveva chiesto di non essere convocata per potersi concentrare sulla propria carriera nel circuito. Ripeterò in questo contesto quello che sostengo da sempre: sarà poco romantico, ma un atleta professionistico nel tennis di oggi deve essere libero di organizzare la propria attività come meglio crede.
Francesca e il doppiopesismo. Ha fatto bene Francesca, dunque, a fare questa scelta se l’ha ritenuta importante per la propria carriera. Va da sé, però, che colpisce la gestione della vicenda da parte della Fit. È chiaro, infatti, che i meriti di Francesca e il suo attaccamento alla maglia azzurra sono indiscutibili ma, mi chiedo, il famigerato Regolamento c’è o non c’è? Vale o non vale per tutti o può essere adattato solo se si vince uno Slam? Comunque sono contento che Francesca non sia stata costretta ad andare fino a Mosca per parlare con il capitano come accaduto a Seppi appena un anno fa. Lo prendo come un balzo in avanti di ragionevolezza da parte della dirigenza.
Russia più forte. Detto questo, il campo non ha fatto altro che sancire due dati di fatto abbastanza chiari: 1. l’Italia senza Schiavone e Pennetta farebbe fatica a stare in un World Group sempre più competitivo; 2. la Russia ha un movimento tennistico più consistente dell’Italia. A suffragare la prima affermazione c’è, ad esempio, la retrocessione dell’Australia di Samantha Stosur (6 WTA) e Jarmila Groth (30 WTA), un team estremamente competitivo che ci aveva messo in discrete difficoltà a febbraio scorso. Per convincersi della seconda, invece, basta dare un’occhiata alla classifica mondiale. La Russia ha due top-10, noi una; ha sette top-30, noi due; ha dieci top-50, noi quattro; ha quindici top-100, noi sei.
Vuoto generazionale? Quello che più preoccupa, e ne avevamo parlato in tempi non sospetti dopo il terzo trionfo del dicembre scorso, è però, guardando soprattutto al futuro, la fatica che la nostra squadra potrebbe avere a rinnovarsi. Dietro le nostre “perle”, infatti, se si eccettua la brava Sara Errani, ventiquattrenne tra qualche giorno, per trovare la prima italiana under-20 nel ranking bisogna arrivare addirittura alla posizione numero 230, con Julia Mayr. A parte lei, la più giovane tra le prime dieci azzurre è la ventunenne Corinna Dentoni che occupa la 137esima posizione WTA. Per capirci, la prima russa ventenne è la Pavlyuchenkova, numero 21! Inoltre, la media d’età delle prime dieci italiane è di 26,2, delle prime dieci russe è 23,3. È verissimo che la precocità non è necessariamente una virtù e l’importante è dove si arriva e non quando, però questa mi pare una realtà sulla quale interrogarsi.
Fine del record. Con la sconfitta a Mosca, inoltre, l’Italia ha posto fine al suo grande record di imbattibilità. Era dal febbraio 2008, da quel brutto ko rimediato a Napoli contro la Spagna, che le azzurre non perdevano nella manifestazione a squadre più importante del mondo: da quel momento otto incredibili tie senza sconfitta, due Fed Cup in bacheca e un parziale devastante di 28 incontri vinti sui 32 disputati. Questi numeri da sogno, però, per essere confermati almeno in parte anche nei prossimi anni, necessitano di duro lavoro e di una programmazione seria ed integrata sul medio e lungo periodo. Finiti i trionfalismi è tempo di guardare la realtà e continuare a lavorare a testa bassa sul futuro.
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