
NALBANDIAN: “LA FINALE DI WIMBLEDON 2002? QUESTIONE DI FORTUNA”.
Tennis – David Nalbandian è tornato. Non certo a calcare i campi di tutto il mondo, ma quantomeno a parlare di quello che per buona parte della sua vita è stato il suo mondo: il tennis.
E lo ha fatto durante un’intervista multipla rilasciata a ESPN insieme agli ex colleghi e amici Gaston Gaudio e Mariano Zabaleta.
L’ex tennista originario di Cordoba, in particolare, ha ricordato il suo splendido Wimbledon 2002, edizione in cui da autentico outsider approdò in finale perdendo poi da Lleyton Hewitt. “Non avevo la minima idea di come si giocasse sull’erba” ha esordito confessando di essere stato molto fortunato durante tutto lo svolgimento del torneo.
L’argentino, che ora si dedica ai rally, ha deciso di appendere la racchetta al chiodo sul finire del 2013, ma lascia intendere che il mondo del tennis non gli manca poi così tanto: “Tre volte ho ripreso la racchetta da quando ho lasciato i campi. Ho giocato molto poco. Quando la impugni ricordi bene come si gioca, se non fosse per il fatto che il fisico non risponde. E il giorno dopo sono a pezzi” – scherza. “L’unica cosa che resta è l’idea di come si gioca”.
Ma c’è più ironia che malinconia nelle sue frasi: “Non mi sento a disagio. Ora posso godere di più delle cose che facevo meno quando giocavo. Stare con la mia famiglia, con mia figlia e con il figlio che sta per arrivare”. Sul cui nome, però, Nalba non si sbottona troppo soprattutto quando gli si chiede se il nascituro potrebbe chiamarsi come un tennista. Tuttavia, si lascia andare a una piccola confessione: “Ho iniziato a giocare a tennis durante l’edizione vinta da Boris Becker. Quel successo mi è rimasto in mente”.
Poi arrivano le domande su quella storica edizione di Wimbledon. David Nalbandian eliminò in quell’occasione David Sanchez, Paul Henri Mathieu, George Bastl, Wayne Arthurs, Nicolas Lapentti e Xavier Malisse prima di perdere in finale da Lleyton Hewitt. Quell’affermazione lo consacrò come miglior tennista argentino sull’erba, ma Nalba non pensa di meritare questo “titolo”: “Non avevo giocato nessun torneo ufficiale sull’erba e mi allenavo a Hurlingham, dove i campi sono uguali a Wimbledon. Ma mi allenavo senza sapere come giocare. Abbiamo preso l’aereo per Wimbledon e continuavo a non colpire decentemente la palla”.
Scende poi nei particolari: “Mi allenavo con Schillari e perdevo molto nettamente. Non era uno specialista della superficie, ma giocava bene sulla terra battuta. Io non riuscivo ad adattarmi e non mi sentivo a mio agio. Solo dopo il sorteggio e dopo le prime partite ho scoperto come si giocava sull’erba”.
Poi la botta di fortuna si amplifica al terzo turno: “La fortuna fu ancora dalla mia parte. Dovevo affrontare Sampras, ma era stato sconfitto da George Bastl. Cosi sono passato agli ottavi dove ho trovato Arthus. Era molto bravo, tosto. Un mancino australiano forte alla battuta e abile a scendere a rete”.
Il passaggio ai quarti di finale gli pone davanti la sfida con Nicolas Lapentti: “Un tennista che predilige la terra battuta. L’ho battuto in quattro o cinque set”. Nel frattempo Richard Kraijcek perde dal giovane Xavier Malisse. L’argentino deve sudare per cinque set prima di sconfiggere il belga ma per lui si aprono le porte della finale e del Centrale di Wimbledon: “Sono stato e continuo ad essere il primo e unico giocatore della storia ad aver giovato il mio primo incontro sul Centre Court in finale”. Una condizione che, certamente, non lo aiuta. Come lui stesso ammette: “questa è stata una sfortuna perché avevo giocato su tutti i campi dell’All England Club, ma sul Centrale, prima della finale, non avevo mai messo piede”.
Foto: Il rovescio di David Nalbandian (www.zimbio.com)
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