
NON È UNO SPORT PER AMERICANI
Tennis, Montreal – Nessuno poteva aspettarsi una uscita di scena così clamorosa, per i tennisti statunitensi, dal tennis che conta. Ebbene, nessuno tra gli uomini a stelle e strisce del circuito sarà nella top 20 del ranking ATP della prossima settimana: è la prima volta che succede una cosa simile da quando la classifica è stata computerizzata 40 anni fa.
Il record si è concretizzato martedì scorso, quando John Isner ha perso per mano della wild card canadese Vasek Pospisil con il punteggio di 5-7, 7-6(5), 7-6(4), nel primo turno della Rogers Cup di Montreal. L’attuale n°20 del mondo, che ha vinto il torneo di Atlanta due settimane fa ed ha raggiunto la finale ai Citi Open di Washington la settimana scorsa perdendo poi da Juan Martin Del Potro 3-6, 6-1, 6-2, si posizionerà non più alto della posizione n°22 del ranking all’aggiornamento di lunedì prossimo per non essere riuscito a difendere i punti della semifinale conquistati lo scorso anno.
Sam Querrey è lo statunitense che si classifica secondo tra i suoi, al n°26 del ranking, ma si è ritirato dalla Rogers Cup per motivi personali. Segue il n° 76 Mardy Fish, 31 anni, che è stato in top 10 meno di un anno fa ma che ha giocato solo tre tornei ATP di livello di quest’anno al ritorno da un fastidioso e pericoloso fastidio al cuore.
Ma tutto ciò era nell’aria. Già da qualche tempo sia i fan che i commentatori sottolineavano la prospettiva di non avere uomini americani nella top 10, di certo però non ci si aspettava una clamorosa uscita dalla top 20. Gli Stati Uniti hanno mantenuto almeno un giocatore nella top 10 dalla nascita del sistema computerizzato della classifica, nel mese di agosto del 1973, fino all’agosto 2010. Ma con il declino dell’ex n°1 Andy Roddick e con il suo conseguente ritiro dopo circa un decennio al comando dei tennisti statunitensi, con le assenze di Fish, con l’assoluta discontinuità di Isner e Querrey e con la totale incapacità di predisporre delle strategie per aiutare i più giovani a sfondare era quasi palese immaginare un crollo degli Stati Uniti. Come se non bastasse, quest’anno, per la prima volta dal 1912, nessun atleta statunitense ha avuto accesso al terzo turno di Wimbledon.
“E’ uno sport a livello mondiale adesso,” ha detto in una recente intervista il 31enne americano Bobby Reynolds, n°131 del ranking ATP. “Credo che nella maggior parte degli sport, se ci si guarda indietro anni fa, gli americani hanno sempre fatto molto bene, che sia nel basket, nel baseball o nel tennis. Lo sport sta diventando una cosa globale e adesso tutti riescono a far bene. Ogni paese porta i migliori ragazzi che giocano a tennis. Penso che sia più questa la questione piuttosto che la mancanza di talento degli statunitensi”.
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