
SVEZIA: L’IMPERO ALLA FINE DELLA DECADENZA
Tennis. “Io sono l’impero alla fine della decadenza”. Con queste celebri parole Verlaine, nel 1883, rievocando l’Impero Romano nella sua fase più avanzata e decadente, esprime la consapevolezza di trovarsi in un’era di crisi e sfacelo. Questo verso, che diventerà l’emblema del Decadentismo, si confà perfettamente all’attuale stato del tennis svedese, sempre più lontano dai fasti d’un tempo. Perché c’è stata un’età aurea, i felicia tempora di un movimento tennistico che poteva annoverare tra le proprie fila campioni del calibro di Bjorn Borg, Mats Wilander e Stefan Edberg.
Il primo non ha nemmeno bisogno di presentazioni: capostipite di una generazione di fenomeni, immenso campione e icona pop; dominatore assoluto alla fine degli anni settanta, vanta uno score di 141-16 nei tornei del Grande Slam (record assoluto per il tennis maschile). Vincitore di 6 Roland Garros e 5 Wimbledon (consecutivi) e oltre 63 titoli Atp; il tutto condensato in una carriera brevissima. Ci sono stati poi Wilander, con i suoi 33 titoli (di cui 7 Slam), Edberg, raffinato artista della racchetta vincitore di 6 titoli dello Slam; e poi i vari Svensson, Nystrom, Pernfors, Sundstrom (lo ricorderete per aver fermato McEnroe nel suo anno di grazia, il 1984); fino ad arrivare ai giorni nostri, con Johansson, Norman e Soderling. Il tennista di Tibro è l’ultimo svedese ad aver raggiunto una finale Slam (ci arriva per due anni consecutivi, nel 2009 e nel 2010, sempre al Roland Garros) e Magnus Norman ne era l’allenatore in quel periodo. Il rapporto si è interrotto alla fine del 2010, anno di grazia per Robin, che arriva in finale a Parigi, raggiunge il suo best ranking di numero 4 del mondo e vince il Master 1000 di Bercy.
Oggi Norman, anch’egli finalista a Parigi nel 2000, porta avanti il suo progetto, la “Good to Great Tennis Academy”, con altri due ex tennisti svedesi, Nicklas Kulti, e Mikael Tillstrom. “Era il momento giusto”, spiega Norman. “Il tennis svedese è in caduta libera, non abbiamo nessun giocatore nella top 200, e questo è un vero peccato. Ci siamo detti ‘proviamo a fare qualcosa’. Così un anno e mezzo fa tutti noi abbiamo lasciato le nostre occupazioni e abbiamo iniziato quest’avventura” Nasce così l’accademia, con l’intento di fare qualcosa di concreto per un movimento in totale disfacimento. “Ovviamente vogliamo aiutare il tennis svedese a produrre nuovi campioni, ma per noi è altrettanto importante che l’accademia sia un buon centro per tutti i paesi del Nord Europa”, spiega l’ex numero 2 al mondo a Tennis Recruiting Network. “La Svezia non ha mai avuto un’accademia privata prima d’ora, è qualcosa di nuovo. All’inizio qualcuno era scettico, ma ora siamo stati accettati e un sacco di ottimi giocatori stanno scegliendo la Good to Great come base per formarsi.”
Ma cosa c’è dietro il declino del tennis svedese? Quali ragioni hanno portato a cotale degrado? “Quando lavoravo con Robin (Soderling) ho fatto delle ricerche per conto mio. Ho intervistato molta gente – genitori, allenatori, giocatori, etc. – raccogliendo 150 pagine di materiale. Probabilmente ci sono diverse ragioni. È facile andare davanti ai media e dire che qualcosa non va, che la federazione sta facendo male e dare la colpa agli altri. Noi abbiamo voluto fare qualcosa di concreto, senza limitarci a dire che è tutto sbagliato. Credo che in questo momento abbiamo grandi possibilità di invertire la rotta. Abbiamo il numero 1 europeo Under 14, Mikael Ymer, e qualcosa si muove anche tra le donne; questo significa che stiamo iniziando a produrre qualche buon giocatore junior e che forse c’è un po’ di luce in fondo al tunnel.”
Forse però qualche colpa ce l’hanno anche quelli che dovrebbero essere i protagonisti del futuro, meno dediti al sacrificio e privi della voglia necessaria per vincere e affermarsi ad alti livelli. “Questo è sicuramente vero. Un’altra verità però è che in Svezia non abbiamo abbastanza campi. E per formare un futuro giocatore da top 10, o anche da top 50, bisogna stare in campo parecchio e fare in modo che giochi il più possibile. Oltretutto qui abbiamo un inverno che dura qualcosa come 8 mesi l’anno e giocare indoor è molto più costoso. Così se oggi in Svezia un ragazzino di 14 anni vuole giocare tra le 6 e le 8 di sera, gli risulta praticamente impossibile. Ci vogliono più campi, ed è su questo che stiamo lavorando.” Una denuncia importante quella di Magnus Norman, che analizza in modo lucido quella che è la situazione del tennis svedese. Perché se è vero che di Borg ne nascono pochi, è altrettanto innegabile che il talento da solo non basta, bisogna saperlo coltivare e permettere a chi ne è dotato di poterlo esprimere con costanza. Se non ci sono basi solide tutto diventa più difficile, col serio rischio di perdere potenziali campioni per strada. E la Svezia ha voglia di ritrovarli, quei campioni, e di porre fine alla decadenza di quello che è stato un impero più che luminoso.
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