
US OPEN, DJOKOVIC IN FINALE, MA CHE FOLLIE MONFILS!
Tennis – Due ore di follia e delirio a New York. Novak Djokovic, che si strappa la maglia come un Berlocq o un Ilie fuori tempo, raggiunge la 21ma finale Slam in carriera, la settima allo Us Open. Batte 6 62 36 62 un Gael Monfils che mai è riuscito a batterlo ma ha provato di tutto e di più per innervosirlo. Ma è riuscito a scatenare solo l’ira del pubblico, di Leconte che commenta per Eurosport France e perfino di John McEnroe. E sì, era davvero serio.
Dopo tre ritiri in cinque turni, il cammino di più facile dell’era Open, Djokovic vola 5-0 in sedici minuti. Monfils dà a lungo l’impressione di voler essere da un’altra parte, di avere comunque qualcosa di meglio da fare. Allora si mette cinque metri dietro la riga di fondo a rispondere, serve seconde a 220 orari e scende a rete sempre, su prime e seconde, dopo aver tentato solo cinque serve and volley in altrettante partite. La serie di colpi scentrati e stecche aumenta, il pubblico se la prende ma il numero 1 del mondo va in confusione. “Non dovevo permettere che quella cosa mi disturbasse, dovevo chiudere il set” dirà, con l’ammissione che fa la differenza fra il buon giocatore e il campione. Djokovic si fa riavvicinare fino al 3-5, Monfils arriva a due punti dal recuperare anche il secondo break di vantaggio. Ma non concede altre chance a un Monfils anche oltre i limiti della sportività: e chissà che sarebbe successo se le stesse tattiche le avesse applicate, che so, Kyrgios o Fognini.
La versione tennistica del rope-a-dope va avanti anche del secondo set. Monfils incassa e contrattacca, alterna grandi accelerazioni a errori che definire banali sarebbe eufemistico. E’ un tennis kubrickiano, il trionfo dell’ispirazione e dell’improvvisazione sul ragionamento. RoboNole sembra vicino al tilt, gioca male ma completa comunque due break senza concedere nulla al servizio: 6-2 tra i fischi dell’Ashe.
Eppure, in qualche modo, il seme del dubbio, dell’impossibilità di decifrare l’avversario, lavorano sottopelle un Djokovic comunque difficilmente convincente, anche perché i tre ritiri gli hanno anche impedito di trovare davvero ritmo. Monfils, che ha perso 20 punti su 24 nel parziale che ha deciso il secondo set, va sotto 2-0 con un pesante doppio fallo sulla palla break in avvio del terzo. Djokovic, che sotto il caldo infernale si fa massaggiare entrambe le spalle, però non è ancora pronto all’anormalità.
Monfils risorge, porta a casa cinque giochi di fila con la brillantezza atletica dei giorni migliori. Alza il pugno al cielo, come a dare il segnale di un cambio di scena, di un colpo di teatro in un trionfo beckettiano di assurdi in successione. Nole si mette a servire seconde sotto le 80 miglia all’ora, si preoccupa per le condizioni del polso sinistro, mentre Monfils riesce almeno a portare il match al quarto.
Monfils, che usa la racchetta anche come un bastone da passeggio, gioca il suo tennis migliore e il pubblico lo fischia ancora di più. Se sei capace di giocare così, perché non l’hai fatto dall’inizio?” sembrano dirgli i tifosi. Spinge a tutta col dritto La Monf, che forza l’errore col dritto di Djokovic che gli vale l’allungo per il 4-2. Sorpreso dal colpo di coda dell’avversario, che tiene e arriva al 5-2, Djokovic si fa massaggiare la spalla e riesce almeno ad evitare lo 0-6 di parziale. E’ qui, dopo il set point trasformato dal francese, che si strappa la maglietta: la follia è servita.
Il primo set perso dall’inizio del torneo sembra preludere a un finale bizzarro. Adesso tutto potrebbe succedere, e chi affolla le tribune dello stadio più grande del mondo e ne ha viste passare di coppe, ne ha visti di campioni andare e venire, fibrilla nell’attesa di un finale mai così indecifrabile. Djokovic accarezza il break nel secondo gioco, ma non va oltre la tensione con avversario e tifosi e una palla corta dipinta e letale. Non basta, ma il break è solo rimandato. Tutto in discesa? Quando capirai che è il tempo ad essere sbagliato, cantavano i Dire Straits.
Ecco, non è ancora il tempo dei saluti e dei titoli di coda. Monfils discute con Asderaki sull’affrettare la ripresa del gioco, Djokovic va ancora in difficoltà alla battuta e con un doppio fallo, saranno sette a fine match, restituisce il controbreak. E’ una delle semifinali Slam tecnicamente più brutte dell’anno e non solo, ma a questo punto la suspense c’è davvero. Il francese se la prende con gli spettatori che gridano disturbando il gioco, Djokovic è nervosissimo, Asderaki, migliore in campo, tiene tutto sotto controllo. Monfils consegna un nuovo break, il 4-2, con un serve and volley pensato male e peggio eseguito. Djokovic si incarta sull’ultimo doppio fallo del match e un rovescio casuale affossato a rete. Ma tiene e nel game successivo chiude con l’ultimo break, a zero, su una risposta vincente di dritto.
E’ in finale, il numero 1 del mondo. E non ha ancora giocato una vera partita. This is not America. O forse sì?
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